PARLIAMONE CON...
Edoardo Zanchini e Michele Manigrasso incontrano
Rita Miglietta
Rita Miglietta, Assessore alle Politiche Urbanistiche del Comune di Lecce,
Intervista a cura di Edoardo Zanchini e Michele Manigrasso
Rita Miglietta è architetto e urbanista, laureata con Bernardo Secchi presso l’Università IUAV di Venezia. Dal 2000 ha espletato importanti incarichi di pianificazione e di progettazione urbanistica su tutto il territorio nazionale, con particolare attenzione alle aree costiere.
Le attività professionali sono state accompagnate da interessi e impegni culturali e accademici.
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È Assessore alle Politiche Urbanistiche del Comune di Lecce.
ai microfoni di O.P.C.I.
E.Z. Il ruolo di Assessore alle Politiche Urbanistiche del Comune di Lecce la vede particolarmente impegnata sul fronte costiero, un patrimonio straordinario per Lecce. Cosa rappresentano le coste nell’idea di città che l’Amministrazione sta proponendo?
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Il ruolo che l’amministrazione comunale sta attribuendo alle sue coste è di definire lo spazio per costruire una nuova cultura della consapevolezza collettiva e l’importanza che le risorse ambientali e paesaggistiche - economiche, sociali e culturali - hanno all’interno della città.
Lecce ha 25 km di coste, 5 S.I.C. (siti di interesse comunitario), beni storici diffusi lungo le spiagge: un potenziale incredibile che per oltre trent’anni è stato in gran parte nascosto dalla dimenticanza delle politiche pubbliche. Tuttavia, queste possono rappresentare un grande supporto per una nuova visione per Lecce che, dalla sua costa e dalle sue risorse ambientali, può favorire il benessere di tutta la città attraverso un progetto di “percolazione” dei beni ambientali, ed è in grado anche di definire nuove occasioni di sviluppo per immaginare un modello di sviluppo sostenibile, più diversificato promuovendo nuove economie locali. Accanto all’opinione diffusa che rende la città nota sia per il Barocco che per temi storici, stiamo lavorando per consolidare anche l’idea che Lecce abbia un grandissimo capitale naturalistico ambientale, che sta proprio nel suo mare.
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M.M. Quali programmi e progetti specifici state immaginando e portando avanti?
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Il primo focus è stato quello di impegnarci a definire per il nostro litorale una programmazione sistemica, poiché l’assenza delle politiche pubbliche ha generato difficoltà proprio in questa direzione. Ci siamo dotati di un grande progetto di rigenerazione: . Il progetto ha preso avvio dall’individuazione di valori ambientali, aree naturalistiche, puntuali o estese, beni culturali. Attorno a questi elementi si sta costruendo un modello di fruizione del paesaggio, ragionando sul ruolo e la forma dello spazio pubblico e dei servizi nel paesaggio stesso, partendo dall’idea che un territorio così complesso debba essere dotato di una fortissima regia pubblica.
Abbiamo ottenuto finanziamenti per la ricostruzione di paesaggi dunali, per la demolizione di elementi detrattori del paesaggio, stiamo portando avanti il Piano Comunale delle Coste, un progetto nuovo di gestione degli arenili che riguarda un nuovo modello di servizi balneari, in chiave polifunzionale. L’amministrazione sta inoltre lavorando per includere le spiagge all’interno del piano di interventi della Protezione Civile, collaborando con la stessa nel monitoraggio dei fenomeni. C’è anche un programma di demolizioni finanziato dalla Regione Puglia, che mette insieme queste iniziative che poi culmineranno nel nuovo Piano Urbanistico Generale per offrire le basi per un’inversione di rotta rispetto all’immaginario precedente delle coste ma anche al loro sfruttamento.
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M.M. L’Osservatorio sta dedicando molto spazio all’importante fenomeno dell’erosione costiera lungo le coste italiane. Nel caso specifico della costa leccese, cosa ha determinato? Come stanno cambiando le coste a causa dell’erosione?
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Tutto il litorale è soggetto all’erosione ma lungo più di 4 km si rileva un’elevata criticità all’erosione. Questo dato viene individuato dalla Regione a livello macroscopico, e ha rappresentato il punto di partenza per iniziare una nuova fase che consiste nella misurazione dell’erosione, anche perché l’evolversi dei cambiamenti climatici sta mettendo sempre più a nudo le contraddizioni di questo paesaggio, soprattutto dove la costa si fa rigida, dove i paesaggi dunali e retrodunali non hanno la possibilità di rigenerarsi. Le dune non hanno la possibilità di migrare per la presenza di infrastrutture viarie o di edifici a ridosso degli arenili. L’erosione è molto forte ci sono dei tratti in cui non c’è più addirittura la dividente demaniale, cioè la linea ideale che separa il demanio dalla proprietà privata.
Il fenomeno si è aggravato ulteriormente ed è molto complesso. Ci sono alcuni punti in cui in realtà la spiaggia si inspessisce lievemente, altri in cui è ancora più erosa, anche se possiamo dire che queste differenze non fanno che acuire il problema, poiché abbiamo bisogno di una spiaggia integra, in modo continuo. Sono effetti molto critici che hanno un impatto fortissimo e negativo non solo sul diritto al mare, e dunque la possibilità di accedervi e di fruirlo, ma anche sulla capacità di offrire servizi, soprattutto balneari, perché le concessioni si restringono sempre di più, e sulla sicurezza idrogeomorfologica. Pertanto, sono necessari interventi mirati.
E.Z. Molto interessante l’incrocio tra la visione del ruolo delle coste e le scelte molto concrete che state attuando sul territorio costiero. Noi come Osservatorio siamo molto incentrati sulla questione dell’adattamento ai cambiamenti climatici. Non sappiamo cosa accadrà esattamente alla linea di costa, ma in termini progettuali è rilevante interrogarsi su quali strutture, servizi potranno essere più adatti, ragionando anche sul retro costa in termini di pianificazione e tutela. Il tema del clima è molto interessante e il comune di Lecce è uno tra i pochi che in qualche modo si pone questi problemi. Qual è il vostro parere e come sta incidendo la questione climatica sulle vostre iniziative?
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Il comune di Lecce sta considerando la questione su più livelli. Partiamo ovviamente da zero poiché non abbiamo un bagaglio culturale da cui avviarci di fronte a questi continui cambiamenti. Sicuramente uno studio molto importante di cui ci siamo dotati è quello redatto dal nostro consulente geologo Stefano Margiotta, il quale ha elaborato una Carta della Resilienza. È un allegato fondativo del nostro Piano Comunale delle Coste, e serve proprio a misurare le capacità dei nostri arenili di reggere e di rispondere al fenomeno dell’erosione. Abbiamo suddiviso la costa in cinque unità gestionali costiere: ogni unità ha un suo grado di resilienza in funzione dei caratteri fisici della spiaggia, quali la presenza o meno di dune o di infrastrutture che irrigidiscono le dinamiche marine.
La Carta della Resilienza attualmente è una bussola per noi, molto importante perché senza dubbio ha orientato il nostro Piano Comunale delle Coste, e orienterà sempre di più le azioni, anche in termini di tipologia dei manufatti che potranno insediarsi sugli arenili, considerando non solo servizi balneari. Infatti, in vista di questi cambiamenti climatici immaginiamo che alcune parti della nostra costa abbiano una vocazione naturalistica molto forte e che quindi ci sia una fruizione del demanio e degli arenili, in chiave naturalistica, senza richiedere grandi attrezzatture e servizi, ma solo piccoli manufatti e piccole infrastrutture.
Un altro livello d’azione riguarda la rimozione degli elementi detrattori e dunque di edifici, a volte costruiti con tecnologie obsolete e comunque molto povere: si tratta di architetture spesso anche abbandonate. Sulla nostra linea di costa la gran parte degli edifici sono case di villeggiatura, che peraltro hanno perso il loro valore immobiliare e la maggior parte non è condonata o non è certo che lo sia. Se riuscissimo ad alleggerire, proprio rispetto all’impatto dei cambiamenti climatici, questo litorale, saremmo in grado di avviare la rigenerazione dei paesaggi dunali e di progettare lo spazio non solo per adattarci meglio alle mareggiate, ma anche alle forti piogge che da noi determinano molti allagamenti. Ciò contribuirebbe anche una valorizzazione non solo del turismo ma anche lo sviluppo di modelli più sostenibili anche per le comunità locali.
Inoltre, poiché il nostro litorale è pieno di canali e bacini che con le grandi piogge si gonfiano, ci stiamo dotando di tecnologie per la misurazione, con un sistema di tecnologie per la rilevazione da remoto dei fenomeni, e segnalazione alla Protezione Civile, che poi agisce dando comunicazioni o intervenendo direttamente. Il monitoraggio non ci da una soluzione, ma di fronte ad un’ancora troppo scarsa consapevolezza rispetto alla presenza dei cambiamenti climatici, investire in queste tecnologie, ci aiuta a conoscerle meglio coinvolgendo la comunità locale ma anche l’impresa, che spesso subisce questi fenomeni senza una reazione razionale a volte.
E.Z. Pochi in Italia si stanno occupando di questi temi. In che modo tali questioni trovano spazio nelle idee nelle progettualità che l'amministrazione di Lecce ha proposto rispetto all'accessibilità delle spiagge e alle regole di rinnovo delle concessioni?
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Si tratta di un tema molto complesso e attualissimo, considerando anche lo scontro che si sta consumando nei tribunali, forse per una rinuncia della politica a farsi carico di affrontare il tema delle spiagge di Italia. Noi siamo la penisola d’Europa e quindi le spiagge non sono solo i confini nazionali ma anche una risorsa incredibile.
Pianificando la costa con il piano degli arenili, abbiamo iniziato a renderci conto che la spiaggia non poteva essere più considerata come sommatoria di concessioni, ma è necessario valutare le sue dinamiche evolutive, la presenza di beni culturali e/o naturalistici, e capire come un territorio che per ben trent’anni non ha mai avuto delle politiche pubbliche possa rientrare in una visione integrata. In Puglia c’è una pianificazione paesaggistica molto avanzata per lo straordinario lavoro fatto da Angela Barbanente e ci ha permesso di iniziare a capire come correggere il tiro, come difendere i beni ambientali e affrontare il tema dei rapporti concessori, promuovendo un rapporto di dialogo e co-progettazione tra amministrazione comunale e concessionario. Stiamo ragionando su un modello di concessione che non è soltanto l’offerta di un servizio turistico e di un investimento economico basato sul consumo del bene demaniale, ma all’interno di un modello di protezione dell’ambiente, dell’investimento basato sulla rigenerazione ambientale, affidando al concessionario anche il compito, insieme all’amministrazione comunale, di prendersi maggiormente cura delle spiagge e di investire per la loro riproducibilità ecologica.
Rispetto al tema delle concessioni balneari abbiamo letto le sentenze del Consiglio di Stato che in vari tribunali si sono susseguite e hanno evidenziato il contrasto che l’Italia ha con il diritto unionale. Nell’attesa che il Paese si doti di una riforma del demanio strutturata, abbiamo deciso di adempiere alle sentenze non applicando la proroga delle concessioni a 15 anni. Come soluzione transitoria, abbiamo offerto ai concessionari due alternative: la prima consiste in una proroga tecnica di tre anni, all’interno della quale possono continuare la loro attività effettuando però insieme all’amministrazione comunale il monitoraggio dell’erosione, considerando anche che in Puglia c’è una legge che impedisce la concessione se il tratto di spiaggia è in erosione. La seconda opzione era di avere i benefici dell’art. 182 del Decreto Rilancio, che non risolve il problema del contrasto della normativa italiana con il diritto unionale, ma consente di continuare le attività senza risolvere il tema dei titoli edilizi. È noto che spesso un imprenditore balneare all’interno di una concessione abbia anche dei manufatti ed in Salento non ci sono solo manufatti di tipo stabile ma anche strutture movibili con permessi di costruire temporanei. La legge non ha risolto questo tema, e quindi abbiamo offerto questo modello, che è temporaneo, prendendo anche l’impegno di adeguarci a qualsiasi norma nazionale che ci consenta eventualmente di prorogare le concessioni.
Ciò è stato fatto con trasparenza: abbiamo organizzato un dibattito pubblico sul Piano Comunale delle Coste e sul tema delle coste. Non so quante città costiere italiane abbiano promosso un’iniziativa simile, ma è stato molto utile perché ha consentito anche ai balneari di prendere coscienza di fenomeni molto complessi, con la consapevolezza che se non cambiamo approccio non riusciamo a garantire investimenti corposi. I nostri atti sono stati consegnati e il TAR si è già espresso in senso contrario, riconoscendo l’illegittimità della proroga ma affermando che le amministrazioni comunali non possono disapplicarla ed è il giudice che deve valutare la questione dell’inapplicabilità della legge.
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E.Z. Una situazione analoga si rivela in ogni Comune, nel vostro caso avete almeno provato ad individuare una strada di trasparenza che punta sulla qualità, è sicuramente un modello molto interessante a livello nazionale, vedremo che succederà da un punto di vista giuridico. D’altronde è di ieri una sentenza della corte costituzionale, il tema tornerà ed è inevitabile che si arrivi ad una riforma.
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M.M. Il dibattito pubblico, la condivisione sia degli obiettivi che dei risultati e dei progetti, dimostra che state cercando di lavorare con la comunità: come viene percepito tutto questo?
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C’è uno scambio molto fertile con la comunità. Ad esempio, cinque concessionari hanno aderito alla proroga tecnica. L’amministrazione comunale, accendendo una luce sulle coste e provando a condividere la conoscenza, ha sicuramente determinato un innalzamento culturale della consapevolezza delle questioni ambientali. Ha inoltre generato una grande aspettativa. Abbiamo organizzato moltissimi momenti di partecipazione, workshop, sopralluoghi, e penso che questo sia riconosciuto dalla comunità. Ovviamente ad oggi si rivendica il diritto di avere un lungomare di qualità e di disporre di infrastrutture pubbliche primarie. È chiaro però che un periodo così lungo di deficit programmatorio non può essere risolto in un paio d’anni.
Analogamente, l’impresa balneare ha conosciuto l’importanza di condividere un percorso di crescita strutturale in ragione di un investimento di carattere innovativo, per dare un futuro durevole alla nostra offerta balneare.
C’è tanta impresa balneare, locale e non solo, che ha fatto la storia di questo paese. Tuttavia, se non costruiamo una politica pubblica che ribalti il senso della concessione balneare, che faccia sì che effettivamente le spiagge siano considerate dei beni comuni e dunque l’investimento venga messo a nudo da un approccio sostenibile di cogestione delle spiagge, è chiaro che esistono anche degli scontri. Io credo che le spiagge leccesi rappresentino veramente un grandissimo potenziale per uno sviluppo nuovo che crei nuova forza lavoro, che diffonda il benessere all’interno della città stessa.
Abbiamo condiviso un protocollo d’intesa con il Dipartimento di Eccellenza del Politecnico di Milano, col quale stiamo studiando le tesi redatte all’interno di questo laboratorio. È uno degli esempi che costruiscono l’immagine alla quale l’Italia deve tendere.
Sarebbe un errore imperdonabile per le future generazioni e per l’economia stessa di questo paese, non considerare le spiagge come un nuovo campo prioritario e strategico di lavoro.
M.M. Siamo perfettamente d’accordo con questa visione olistica e con la necessità di alimentare l’interazione e lo scambio con la comunità. Noi dell’Osservatorio O.P.C.I. crediamo nel progetto di paesaggio come di un’infrastruttura che al di là degli obiettivi meramente ambientali di rigenerazione anche ecologica, deve mirare alla rigenerazione culturale. Non c’è altra strada possibile per modificare e inventare un nuovo futuro.
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